Le intossicazioni da ossido di carbonio riferite all’esposizioni in ambiente di vita sono un fenomeno che si ripete con allarmante frequenza e diventano più numerose nel periodo invernale, quando porte e finestre sono chiuse per non disperdere calore.
L’ Ossido di Carbonio (CO) è un gas velenoso che si forma in seguito alla combustione incompleta dei combustibili in carenza di ossigeno ed è particolarmente insidioso a causa della densità simile a quella dell’aria e dal fatto che è incolore ed inodore e quindi non avvertibile.
Negli ambienti di vita si può avere esposizione cronica dovuta alla cattiva qualità dell’aria o alle abitudini di vita (traffico veicolare, fumo, inquinamento industriale) e esposizione acuta derivante dal cattivo funzionamento degli apparecchi e sistemi di riscaldamento domestico.
La formazione di CO nell’esposizione acuta è spesso associata alla mancata manutenzione degli apparecchi di riscaldamento o all’utilizzo di sistemi di riscaldamento non adeguati; di frequente le intossicazioni da CO riguardano i ceti più deboli della popolazione che utilizzano mezzi di riscaldamento improvvisati e con gravemente insicuri.
La pericolosità del CO dipende dalle sue caratteristiche fisiche e dalle sue proprietà biochimiche; si tratta infatti di un gas incolore e inodore, facilmente miscibile con l’aria, assolutamente non irritante, atto pertanto ad avvelenare insidiosamente, senza che le vittime possano avvertire la sua presenza, spesso durante il sonno.
La tossicità è legata alla proprietà del CO di legarsi stabilmente all’emoglobina (Hb), verso la quale presenta un’affinità circa 200 volte maggiore di quella dell’ossigeno (O2).
Da tale legame si forma carbossiemoglobina (COHb) con conseguente riduzione della capacità di trasporto di O2 dai polmoni alla periferia. Il CO sposta inoltre la curva di dissociazione dell’ossiemoglobina (HbO2) verso sinistra (effetto Haldane) con conseguente diminuzione della cessione di O2 ai tessuti .
Nei paesi occidentali il monossido di carbonio è una delle cause di avvelenamento mortale più frequenti, considerando in questa classifica sia gli eventi accidentali, sia quelli volontari (suicidi).
La quantità di emoglobina trasformata in carbossiemoglobina dipende da fattori diversi, tra i quali :
- la concentrazione di CO nell’aria;
- la durata dell’esposizione;
- dal livello di attività fisica che aumenta la ventilazione e quindi la quantità di CO assorbita;
- la capacità di perfusione polmonare;
- la superficie di diffusione polmonare;
Dall’esame della letteratura disponibile risulta una correlazione tra la saturazione percentuale dell’emoglobina con CO e la sintomatologia dei soggetti esposti, tuttavia si sottolinea come alcuni studi recenti abbiano smentito l’esistenza di precise correlazioni tra la concentrazione di CO nell’emoglobina e la sintomatologia e che anziani e bambini appaiono maggiormente sensibili all’esposizione a CO.
SINTOMATOLOGIA CORRISPONDENTE ALLA SATURAZIONE PERCENTUALE DELL’EMOGLOBINA CON CO. |
% |
Valori fisiologici | 0.1 – 2.0 |
Fumatori e livelli occupazionali | 1 – 5 |
Nessun sintomo | 10 |
Lieve cefalea, dilatazione dei vasi sanguigni cutanei | 10 – 20 |
Cefalea acuta, vertigini, nausea, astenia muscolare, tachicardia,
non coordinamento dei movimenti, difficoltà di respiro |
20 – 30 |
Grave cefalea, diplopia e disturbi sensoriali, confusione mentale, vomito, possibilità di collasso | 30 – 40 |
Coma, per i valori del 30 – 40%, con aggiunta di polipnea | 40 – 50 |
Sincope, insufficienza cerebrale fino al coma profondo, convulsioni intermittenti, ipotensione marcata con polso piccolo e lento, possibile exitus | 50 – 60 |
Coma, depressione cardiaca e respiratoria, exitus | 60 – 70 |
Insufficienza respiratoria ed exitus in pochi minuti per deficit globale delle funzioni vitali | 70 – 80 |
Si nota come i sintomi dell’avvelenamento da CO possano essere facilmente confusi con quelli di altre malattie, motivo per cui spesso si giunge alla diagnosi in ritardo o non si giunga alla diagnosi
Appare comunque acclarato che gli effetti dell’esposizione siano tanto più gravi quanto maggiore è la concentrazione del gas nell’atmosfera e quanto maggiore è il tempo di esposizione.
Il diagramma di Hartridge evidenzia come una persona adulta sviene e rischia di entrare in coma nel caso in cui rimanga esposta per un’ora in un ambiente contenente ossido di carbonio in misura dello 0.1%. Se l’esposizione nel medesimo ambiente perdurasse per un’altra ora, si arriverebbe certamente alla morte.
Una percentuale di ossido di carbonio dello 0.5% provoca la morte in 5 – 6 minuti.
Gli esposti devono essere allontanati il più rapidamente possibile dagli ambienti inquinati.
Da un punto di vista chimico la formazione dell’ossido di carbonio avviene quando la combustione si sviluppa in carenza di ossigeno.
Ad esempio, nel caso del metano, il combustibile maggiormente utilizzato per gli impianti di riscaldamento ad uso domestico, la combustione stechiometrica si riassume nella seguente reazione:
CH4 + 2O2 à CO2 + 2H2O + CALORE
Mentre la reazione in difetto di ossigeno che porta alla produzione di ossido di carbonio è la seguente:
2CH4 + 3O2 à 2CO + 4H2O + CALORE
Le cause tipiche del fenomeno sono da ricercare in tutte quelle condizioni impiantistiche e di funzionamento che non garantiscono il corretto apporto di comburente: carenze di ventilazione, difetti del sistema di scarico dei fumi, tiraggio contrario di apparecchi e/o caminetti a legna, carenza di manutenzione.
Aperture di ventilazione
Il funzionamento di qualsiasi sistema non può prescindere dalla disponibilità di aria, che con il suo contenuto di ossigeno rende possibile la combustione. Nella normativa tecnica l’afflusso di aria comburente viene ottenuto attraverso aperture di “Ventilazione” aventi dimensioni minime definite in funzione del tipo del combustibile e delle caratteristiche degli apparecchi di riscaldamento, come tipo e potenzialità.
E’ indispensabile assicurare una corretta ventilazione, non solo per garantire il buon funzionamento dei sistemi, ma soprattutto per garantire la sicurezza degli occupanti. Se non viene garantito un corretto apporto d’aria durante il funzionamento degli apparecchi l’ossigeno disponibile nell’atmosfera diminuisce. Quando nell’ambiente non è presente ossigeno in quantità sufficiente, la combustione degli apparecchi peggiora e si ha una combustione incompleta, che produce ossido di carbonio.
La mancanza dell’ossigeno e il contemporaneo formarsi di ossido di carbonio provocano in poco tempo gravi conseguenze per gli occupanti dei locali e in alcune circostanze anche la morte.
Inoltre, l’assenza dell’apertura di ventilazione o il suo ridotto dimensionamento ha effetti anche sul corretto funzionamento del camino e dell’intero sistema.
Per capire il problema supponiamo che all’interno di una stanza sia installato un generatore di calore a gas di Tipo B, cioè a camera di combustione aperta, con potenza termica nominale di 28 kW.
Il consumo di combustibile per questo generatore è di circa 2,9 m3/h; siccome la combustione richiede circa 11-12 m3 d’aria per ogni m3 di combustibile, si ha necessità di circa 35 m3 di aria comburente per ogni ora di funzionamento alla potenza termica nominale.
Se la stanza ha un volume di 36 m3 (superficie di 12 m2 e 3 m di altezza), possiamo capire come in breve tempo tutto l’ossigeno presente sia consumato dalla combustione.
Le condizioni che assicurano la corretta ventilazione dei locali in cui sono posti gli apparecchi a gas sono definite in base al tipo di apparecchio installato (apparecchio di Tipo A, Tipo B, di Cottura, ecc.), del tipo di combustibile utilizzato, e dalla potenza al focolare del generatore.
In generale il valore delle aperture di ventilazione è definito da Norme Tecniche specifiche per la sicurezza, che per gli apparecchi a gas ad uso domestico e similare, sono rappresentate dalla Norma UNI CIG 10738 per gli impianti esistenti e dalla UNI CIG 7129 per gli impianti di nuova realizzazione, gli apparecchi alimentati a biocombustibili solidi con potenza termica fino a 35 kW devono avere aperture di ventilazione dimensionate secondo la UNI 10683, per potenze termiche superiori occorre fare riferimento al Dm 12/04/1996 per gli apparecchi a gas e al Dm 28/04/2005 per gli apparecchi a combustibile liquido e solido.
Difetti del sistema di scarico dei fumi
Il tiraggio generato dal camino è il motore dell’intero processo di combustione; un camino sottodimensionato, sovradimensionato o comunque non idoneo, male installato o di qualità scadente interferisce sempre nel funzionamento dell’impianto, anche quando non provoca situazioni di pericolo.
L’afflusso dell’aria nell’ambiente di installazione, la miscelazione combustibile-aria nella camera di combustione e l’evacuazione dei fumi avvengono grazie al tiraggio.
Quando l’apertura di ventilazione è assente o insufficiente, il passaggio dell’aria dall’esterno verso l’interno determina una forte resistenza e il tiraggio del camino, l’aria esterna non viene richiamata in ambiente e, in alcune condizioni, i fumi del camino possono, per difetto del tiraggio, non defluire dal camino e ritornare in ambiente.
In queste condizioni, in un primo momento, la combustione sfrutta l’ossigeno presente nell’aria ambiente, poi, quando la quantità di ossigeno è insufficiente, la combustione diviene incompleta e si forma ossido di carbonio che rifluisce pericolosamente in ambiente.
Anche difetti di installazione del camino (sviluppo eccessivo, eccesso di cambiamenti di direzione, insufficiente isolamento, materiali inadatti, errata collocazione del comignolo sul tetto), e l’assenza di manutenzione (ostruzioni delle sezioni di passaggio fumi) hanno come effetto quello di introdurre delle resistenze e una diminuzione del valore del tiraggio disponibile.
Il risultato finale di queste irregolarità è quello di generare la produzione di ossido di carbonio che assieme ai fumi non richiamati al camino fluiranno in ambiente.
Una seconda serie di cause riconducibili al cattivo tiraggio, sono i difetti indotti dall’utilizzo di apparecchi e sistemi che producono un tiraggio contrario rispetto a quello sviluppato dal sistema di evacuazione dei prodotti della combustione.
Le norme tecniche limitano la possibilità di installare apparecchi a tiraggio naturale (UNI 7129 , UNI 10638) negli ambienti in cui risultano installati caminetti a legna; mentre in caso di presenza di elettroaspiratori o cappe aspiranti elettriche devono essere prese le opportune cautele maggiorando l’apertura delle aperture di ventilazione ed eseguendo specifiche prove di funzionamento.
In alcuni casi di intossicazioni da ossido di carbonio si è comunque notato come elemento causale la presenza del caminetto a legna e di apparecchi a gas di tipo B all’interno dell’abitazione.
Un terzo di cause che concorrono al verificarsi degli incidenti è costituito dalla carenza di manutenzione. Gli apparecchi di riscaldamento (come le caldaie) devono essere manutentati periodicamente secondo le istruzioni fornite dai costruttori degli apparecchi stessi. Devono comunque essere eseguite le operazioni di controllo e manutenzione previste dal Dpr 74/2013 ai fini del risparmio energetico, ma tali operazioni hanno comunque una significativa valenza anche sul piano della sicurezza.
Se non viene eseguita la manutenzione possono formarsi dei depositi sullo scambiatore di calore dei generatori o depositi di incombusti all’interno dei camini che possono ostacolare il regolare deflusso dei fumo; perciò i fumi possono fuoriuscire in ambiente in modo pericoloso attraverso il mantello del generatore.
In questi casi la mancata manutenzione non permette di evidenziare i segni precoci dei difetti di tiraggio, come l’annerimento del mantello del generatore nei pressi dell’interruttore di tiraggio o il deterioramento dei canali da fumo.
In definitiva la migliore forme di prevenzione appare quella di realizzare gli impianti nel rispetto della regola dell’arte mantenendo i requisiti di sicurezza e funzionalità attraverso un regolare regime di manutenzioni periodiche.
Per ulteriori informazioni sul tiraggio vi invitiamo a visionare il filmato che accompagna questo articolo.